Siamo platonici o aristotelici?

Utopia o Pragmatismo?


 

Il sussulto delle pietre assetate

 

Riporta in sé l’argento congelato di lande chiare

 

1 A.    Artaud

 

Eppure questi due pensieri, a prima vista così inconciliabili, sono andati incontro ad esperienze di reciproca contaminazione. L’utopia senza un radicamento nel reale diverrebbe un mero esercizio intellettuale mentre una vita eminentemente legata al dato di realtà senza slanci utopici rischierebbe di diventare un insieme di comportamenti senz’anima. Niccolò Machiavelli, da questo punto di vista, è un compendio di senso del reale e slanci utopici che si esprime attraverso la massima secondo la quale i mezzi giustificano i fini; infatti ne Il Principe, dedicato a Lorenzo Piero de' Medici, l’utopia non interessa un luogo, ma un individuo. Il principe concentra in sé virtù e gusto e si adopera al governo dello stato con lo stesso spirito di un artista che si dedica a un’ opera d’arte. In fondo il Principe sintetizza le due istanze del pensiero utopico e cioè la capacità di individuare ciò che nel mondo non funziona, l’intelligenza per scoprire cosa usare per trasformare le parti malate costruire gli strumenti e le armi necessarie per trasporre questi progetti nella realtà umana. In questo caso l’utopia diventa l’opportunità per correggere o integrare una situazione politica o religiosa esistente. Quindi non solo un esercizio di astrazione intellettuale o un sogno generico, ma una forza di trasformazione della realtà in atto, un’arte del possibile cambiamento. In questo senso, come sostiene Crespi (1996), l’utopia può diventare un’apertura verso una non mistificata possibilità di realtà differenti da quelle fino ad ora sperimentate dal momento che non è necessariamente trascendente ma essendo immersa nel presente ha le sue radici nella vita reale e come afferma Saint Simon, esprime la necessità di perfezionare gli uomini per proporre l’avvento di nuove società.

 

Pierpaolo Pracca